Metafora dell'immagine, Gianfranco Gatto

Premessa

Un silenzio di due anni poi una telefonata ai primi di luglio '96, mi fa ripren­dere il discorso artistico con Gianfranco Gatto.

 

A casa sua la sera ci mettiamo davanti al "serial" METAFORA DELL'IMMAGI­NE, otto acrilici 100 x 120 riallineati nel salotto dalla sorella Lucia come su una grande facciata di pinacoteca. Sulle pareti "Il canto del gallo" del 1994. Fuori nel­l'ingresso resti della "Storia continua" del 1992: tre grandi affreschi del mondo immaginale del Gatto. Circa dieci anni di lavoro. Un discorso lungo quanto la storia dell'uomo inventata da Gatto.

Gianfranco mi sta quasi di fronte sornione, come sempre, per cogliere le mie impressioni visive negli occhi e sul volto. Io interiorizzo le immagini e deduco mentalmente le connotazioni. Gatto è sfuggente. E' sempre pronto a sottrarsi alla "carezza", ma si distende quando i suoi sensi interni sono appagati dalla congruenza del pensiero che coglie la "metafora dell'immagine" come è uscita dalla sua mente. Riallineando le ultime tre tappe del decennio pittorico di Gatto penso alla "felice colpa" del progresso che lo volle fermare su una sedia a rotelle perché lui desse forma d'arte al movimento continuo della storia dell'uomo e delle sue categorie mentali.

Sintesi di un decennio

Se "La storia continua" (1992) è l'esplosione - come scrisse Walter Baldaccioni - dei mille nazionalismi che sconvolgono cartine geografiche, governi e sistemi di alleanze, e il "Canto del gallo" (1994) è la scomposizione e decomposizione di una serie di termini dove "1'immagine - ebbi a dire - e la massa titanicamente si oppon­gono, ma chi vince è la vita", in questa "Metafora dell'immagine" (1996) c'è l'appa­rente caduta delle ideologie, che secondo Gatto, non muoiono mai, ma rinascono come la fenice delle proprie ceneri con piumaggio più colorato, nutrita di perle d'incenso al cui profumo gli uomini si adeguano, perdendo però i sensi.

In quest'ultima opera se gli elementi formali definiscono in negativo la con­dizione umana messa a nudo dopo la deriva delle ideologie, l'immagine e i contorni pittorici sottendono in positivo le stesse ideologie che ritornano modificate nella veste e nei simboli, ma non nella sostanza.

Il discorso destra-sinistra e le connotazioni dei primi due serial si trovano decodificati in forma mimetica pura proprio in "Metafora dell'immagine". Così trovo ancora una volta che l'estetica di Gatto è il negativo del positivo o se si vuole è il diapositivo che messo a fuoco ci ri-da l'immagine con tutti i suoi sensi profondi secondo la capacità di lettura che il fruitore ha ponendosi davanti ad analizzarla.

Genesi dell'opera e valore semantico

 

La realtà umana per Gatto come per ogni artista non si può spiegare una volta per tutte: ecco i serial, ecco il continuo ritorno a simboli, forme tecniche diverse. Ma come ogni poetica non può fare a meno dell'elemento costitutivo proprio, che per la pittura è l'immagine, così Gatto volendo dare forma d'arte ai grandi concetti socio-politici, di cui tanto si discute oggi, trova l'immagine nuda congruente al concetto puro che vuole raffigurare.

Perché dunque "Metafora dell'immagine"? Perché l'immagine per Gatto è la via che porta al principio primo. E' la maniera che fa risalire il destinatario del suo messaggio al principio che lo ha ispirato. Quello di Gatto però non è pura arte concettuale, che sarebbe riduzione a semplice spazio, ma è arte espressione del concetto per immagine "nuda", per ele­mento contornato. C'è l'uomo non come immediatezza o fissa presenza iconica ma come reduplicazione - secondo la visione di Paolo Bertetto - o sovrapposizione di elementi eterogenei, stratificazione dell'immagine di codici, che sono immagini di immagini.

 

La serialità dell'immagine in Gatto è sequenza d'un discorso interiore che si materializza cromaticamente dando significati plurimi a ogni tocco di pennello. Essa non è scorrimento di iconi con significati superficiali che passano in sovrimpressione in modo inafferrabile, ma è fissazione di concetti a forti tinte sulla tela poggiati sulla solarità dell'anima dell'artista. In Gatto c'è quindi la serie dei quadri e la serie dei sensi dei segni in ciascun quadro.

 

Domina la donna, principio primo dell'uomo, come nella serie degli acquerelli "Il canto del gallo", domina la maternità. Domina soprattutto il pensiero dell'artista, l'uomo, che assegna coi colori i significati degli elementi compositivi e completivi del concetto principale, che non è sul piano intellettivo il corrispondente dell'imma­gine sul piano sensibile, ma è l'unità del molteplice racchiusa nel titolo d'ogni quadro.

 

E' la proprietà quindi dei segni iconici nel loro insieme a portare al concetto che l'artista vuole comunicare. Così l'immagine metaforica della nuova serie di Gatto, per dirla con Guido Morpurgo Tagliabue, "è contenuta nella figura e ha la capacità poetica di prolungarsi in sogno, di cristallizzarsi in cultura, di vivere nella nostra vita morale".

 

Allora i segni iconici del nostro artista sono simboli che valgono solo nel loro "insieme": è il quadro che ha nel suo "insieme" il concetto universale che l'autore vuole significare, anche la stessa contrapposizione ideologica - come vedremo - è la vita nell'insieme in ciascun quadro "foto-quadro" del serialmetaforico e a loro volta gli otto quadri formano "1'insieme superiore" d'una grande tela su cui è percepita la rinascita dei sentimenti e delle ideologie, giacchè "le ideologie - dice Gatto - come i sentimenti non muoiono mai, ma si modificano e si evol­vono secondo tempi e luoghi". Nell'opera d'arte infatti precipitano le semplici denotazioni semiotiche che sono soltanto veicoli di trasmissione comunicative (il drappo - il fascio - il tavolo - la candela - la falce e il martello - il letto - la moneta - i chicchi di grano - l'uomo - la donna - la posizione - lo sfondo - il colore creatore ...), e resta alto il nucleo di sapere, agevolando l'ascesa del senso profondo: l'insieme s'innalza a forma, che è realtà pura dell'arte e del pensiero del suo autore.

 

L'opera ha avuto il punto di partenza nei processi immaginifici dell'artista a partire dall'ottobre del 1994 e ha avuto la sua completezza nel febbraio del 1996: "Se uno mi avesse chiesto (e io glielo chiesi) che "cosa" volevo fare due anni fa, avresti detto non lo so "Ma attivando i processi dell'immaginazione, cioè accendendo il suomondo psichico dell'immaginale ha prodotto il serial "Metafora dell'immagine". In un anno e mezzo circa è venuto fuori ciò che era nel profondo, ciò che inconscia­mente andava muovendosi in sé dopo la caduta di tutte le "illusioni" o miti politici.

 

Sviluppo dell'opera

 

Quando la "cosa" non può presentarsi ai nostri occhi come per es. l'ideologia, tema dominante in questi quadri di Gatto, l'oggetto assente cioè il messaggio del­l'artista, l'implicito della rappresentazione viene ripresentato alla coscienza da un'im­magine o da un "contorno" espresso da un colore o da un particolare elemento.Nessun tocco è casuale in Gatto, ma tutto è intenzionale. Così il suo mondo immaginale ci riproduce ciò che è proprio del principio primo. Il quadro diventa paradigma, idea del concetto della "cosa". Il discorso di Gatto è questo: le ideologie non muoiono. Esse ritornano sotto altra veste. Noi però le vediamo abbattute. E' un'illusione.

 

Ecco allora il serial artistico di "Metafora dell'immagine": (1) "Il tentativo di Polèna", immagine imperfetta nei suoi contorni, ma epifanica nella usa concezione intuitiva. La nave dell'umanità ornata dell'immagine di Polèna riprende il cammino sulla rotta del progresso non ben definito fra marosi e tempeste. "L'incerto" che non riesce a compiere la propria funzione si va definendo come entità tuberosa; (2) "La patata" che subisce violenza, intesa in ogni sua accezione e compiuta sempre; (3) "In nome del popolo". Il popolo per Gatto è sempre manovrato. E' come un pupo mosso sempre da forza invisibile, fuori per lo più dalla cognizione e dalla coscienza collettiva. Tutti i soprusi si compiono " in nome del popolo" che tace finchè la parola o la forma d'arte non lo scuota e muova contro. Allora (4) "L'Italia s'è desta". Ma la caduta dell'ideologia fascista dopo la seconda guerra mondiale è solo apparente. La categoria della violenza propria dello spirito, storicizzata prima in movimento di destra, per Gatto, è latente e non può realizzarsi in movimento di sinistra se non in modo strisciante. Ad ogni scossa le tracce si fanno coscienza e assumono nuova forma e hanno nuovi rifiuti. L'equilibrio fra opposte ideologie è dato non più dall'ar­te in ogni sua espressione come è stato nei secoli passati, ma da un altro potere, più raffinato e per questo più occulto.

 

Ma (5) "L'uomo vale più dei profitti". Il profitto infatti lo inaridisce, lo immanichina. Le sue articolazioni lo fanno inginocchiare sul suo guadagno, come in adora­zione, ma senz'anima, perché le vene sono fuori di lui. Il resto della speranza di dominio si perde prima nel blu-oltremare poi nel nero, la notte dell'immagine dove tutto va a finire e da dove si spera che tutto ritorni nella luce per continuare il discorso. Il profitto è la nuova ideologia che si affida al (6) "4° potere", i mass-media percepiti nella "TV", che ricompone a modo proprio la mente deformata dell'uomo e della donna separatamente in rapporto a ciò che hanno sono nella realtà.

 

Il Potere, "TV" a colore, derivazione del bianco-nero, cioè grigio, che esprime incertezza della verità del messaggio. La "TV" è sempre un punto interrogativo. E' sempre criptica, perché è mano­vrata dal potere sia esso di destra che di sinistra.La deformazione del messaggio deforma la cultura, deforma l'uomo proprio attraverso la luminosità dell'immagine che scorre veloce per non far pensare. Ma proprio da questo tentativo del "4° Potere" di deformazione dell'uomo vien fuori la volontà acromatica delle ideologie che si rinnovano in (7) "Chiaro-Scuro" e si pongono a confronto, si fronteggiano in un biancore cirroso che si fa spazio entro un cielo cupo. Le ideologie: una abbattuta nel 1945 (la destra) che fa maschiamente uno sforzo di ripresa senza scure, l'altra eretta femminilmente turgida con ambiguità anatomica e fiduciosa, perchè secondo Gatto non si deve vergognare, nei suoi sim­boli (la falce e martello) espressione del lavoro della terra e dell'industria, base del lavoro postmoderno informatico e telecomunicativo. Il (8) "Futuro" però deve partire dal passato, cioè dal pensiero dell'uomo. uscire dalla grotta illuminata dalla mente pura e pensante dell'artista, unica imma­gine che ha occhi, che vede rigermogliare la speranza e rivede i semi della sua storia che si è fatta per contrapposizioni di forze. L'artista Gatto è nella notte delle "cose" che lui, con la propria poetica pittorica. vuole rimettere in cammino illuminato dalla prima luce, la candela, della grotta dell'uomo. Il cammino però, per Gatto, è sempre dall'incerto (semplice tentativo) all'in­certo semplice speranza di rinnovamento. Conclusione.

Gianfranco Gatto ha messo l'intelletto a servizio di un'intenzione e ha usato la sua forza creatrice, la fantasia, in senso finalistico. La coscienza infatti - secondo Gilbert Durand - dispone di due maniere di rappresentare il mondo: una diretta, percezione o semplice sensazione delle cose: l'altra indiretta, ripresentazione alla coscienza che non è evidenza razionale ma la "cifra" d'un mistero, il solo modo di dire quello che non può essere appreso diver­samente. Questa è la poetica pittorica di Gatto regolata da due momenti che si avvicendano: uno diurno, il tempo della produzione, dell'estrinsecazione, dove la luce si fa elemento pittorico e l'elemento pittorico, nuova idea. L'altro notturno. tempo dell'intensità affettiva senza contorni, senza "emanazione". Tempo in cui lo spirito cerca la luce per definire l'immagine, metafora del sovrasensibile. dell'impalpabile che si avverte, si sente, scuote, ma non si vede come ogni forza reale o ideale che ci travolge. Gatto allora è il pittore dell'impalpabile, del concettuale che è dietro "le cose­e nessuno lo vede, come il Potere o le Ideologie. Solo l'immaginale estetico dell'ar­tista può condurci al riconoscimento. L'opera di Gatto perciò in prospettiva metaforica è attività dell'anima che attraverso il senso immaginifico, in libertà da ogni forma di restrizione, si attualizza, pittoricamente in una metafora ardita: l'immagine del ritorno delle ideologie! Essa è destinata a tutte le classi che mediante la poetica del colore e delle forme, possono rubare i simboli che portano all'essenza del messaggio ovvero a ciò in cui crede e da cui si parte per ri-pensare.

Vittorio NAZZARENO, Sociologo

 

Personaggio vitale con forte carica espressiva impegnato, in una analisi del mondo in continua evoluzione. Prepotente il suo bisogno di trasmettere a sua volta quei segreti da scoprire in una realtà reale. Avvicinarlo è semplice, ti racconta tutto di sé o quasi, l'attività che svolge ormai da diversi anni lo 'ha portato in giro per il mondo. Con grande modestia e semplicità coglie tutte le sue positività di un talento naturale.

Conosciuto ad una sua personale al Castello Di Torre Nova a Roma sede dell'A.I.C.A. (Associazione Italiana Cultura e Arte) l'ho poi invitato alla manifestazio­ne del Telethon 1998 ed l'ho proposto alle scuole del 16° distretto scolastico roma­no, ed è stato un successo. Gianfranco Gatto ti travolge con il suo entusiasmo, gusto raffinato, prezioso, aperto al senso del bello, conoscerlo e restarne affascinati è tutt'uno, persona piacevole tuttavia estremamente seria nel parlare dei suoi lavori. I suoi dipinti apprezzati in tutto il mondo racchiudono segreti da scoprire in una realtà naturale. Ricchi di colori artefici, ben definiti, pieni di tutta quella freschezza nelle sue composizioni, a captare l'entusiasmo di incontrare, spontaneità in un artista aperto ad osservare, percepire. Nulla è affidato al caso ma studiato, ragionato preoccupandosi che ogni composizione rappresenti ciò che si vede o si intuisce.

 

 

Paola Giuseppina RUSSO,  Giornalista