Gianfranco Gatto: la metafora delle immagini le immagini delle metafore

 L'idea del futuro spesso provoca un atteggiamento di ritrosia, una visione millenaristica

tesa a snaturare la stessa anatomia dell'uomo,la sua sembianza, la sua identità, quasi che l'antitesi antropologica suggerisca criteri e analisi rovesciata nel rapporto tra esperienza e realtà, tra modello e causa, tra prospettiva naturale e predestinazione involuzionistica.

 

L'arte da sempre si interroga visivamente e concettualmente circa tale ipotesi di metamorfico destino e si appropria, inventandole, delle nuove forme, dei nuovi scenari magmatici, delle nuove proiezioni identificative, non solo per obbedire al suo ruolo profetico, ma anche per anticipare in chiave visionaria la probabilità sul piano della intuizione creativa.

 

Predomina in Gianfranco Gatto, oramai da anni esploratore delle realtà "al­tre", la dimensione strettamente pittorica della "rappresentazione" che attraverso la tensione peculiarmente figurativa, accelera la struttura futuribile, al fine di generare una miriade di simboli, attraverso i quali mostrare; non un suo punto di vista, ma una lucida denuncia capace di rileggere l'uomo nella sua verità presente.

 

L'individuo corroso dalla perdita d'identità, espone le pieghe e le crepe del suo corpo, evidenzia muscoli e fattezze omogenee, leviga il ritornello di un viso ovalizzante che ha disperso i contorni, ha teso i tendini, ha disperso l'humanitatis per apparire simulacro, non a caso molto simile all'omino snodabile che gli artisti utilizzano come modello della figura. Gianfranco Gatto però contestualizza le sue immagini "metaforiche" ai grandi simboli vegetali, ai drappi, agli oggetti di contorno per ricreare una sorta di "innesto" vitale che se suggerisce forme involutive, in altra direzione le compendia, le utilizza morfologicamente nelle diverse componenti di "vita residua". Senza soluzione di continuità l'uomo e la natura si incontrano e si intrecciano, gli oggetti si animano e le forme diventano fuoriscena, aperte a soluzioni possibili, diverse e variegate. Un modo di sopravvivere comunque oltre, un'utopia di vita totale che la fantasia dell'artista genera per salvaguardare e denunciare nel contempo.

 

L'idea languida, ora ironica, ora simbolicamente surreale di inseguire la Metafora attraverso l'immagine, sull'indicazione visionaria di Gatto, pone in essere un binomio entro il quale la funzione figurativa della sua scelta espressiva, trova ragione e motivo nei temi metaforici che egli intende suggerire soprattutto nel loro sottinteso legame con la problematica dell'uomo moderno.

 

Così "Il quarto potere" riferito ai mass-media e alle comunicazioni, gioca sulla grande "staffa" che metaforizza un punto interrogativo, quale continua incertezza ed emblematicità della "notizia" e della sua manipolazione. Così "il chiaro e lo scuro" nella perentoria differenza tonale contiene in sé l'idea manicheistica che i fasci o le falci contano e confondono nel contempo. "In nome del popolo Italiano" le "radici" arboree producono l'uomo cittadino le cui braccia legate ipotizzano paradossalmene l'ascesa verso l'ignoto. "L'Italia s'è desta", perché Mameli come il canto del gallo al mattino, eleva un inno nazionale che da un letto disfatto, preannuncia un'esplo­sione e lascia incombere ricordi dittatoriali. "Il futuro" di Gatto imbandisce una tavolata che recupera l'energia di una candela, sullo sfondo di un magma indefinito che allarma l'unica sembianza fisionomica della presenza umana, già involuta in forme di Flora. Quando "L'uomo vale più dei profitti", il nuovo raccolto nel campo non produrrà più arbusti e grano, ma moneta sonante, che evidenzia un ramoscello d'ulivo per sole due lire. La chiara denuncia sollecita scarni rami, come arterie sanguigne che portano linfa vitale all'uomo manichino che nel nome del profitto spesso perde i "valori" spirituali. I"trenta denari" come prezzo del tradimento da circa duemila anni, metaforizzano il distacco tra Cesare e Dio.

L'uomo tubero ne "La patata" genera nuove forme arteriose, ma restituisce valore all'umiltà di un ortaggio che da solo sfama interi popoli, non a caso in Irlanda è considerato come sacro amuleto portafortuna.

"La polena" avanza altera precedendo nella vista la sagoma e la vela gonfia di una nave e assume fattezza umana per la nobiltà assoluta dell'uomo sulle altre cose e motivazioni del creato. Il suo incedere in taglio (a pelo d'acqua) sovrasta la stessa semi visione del vascello giallo, confondendosi con le striature del legno, in simbiosi di mare o in segno di disfacimento?

Gatto lega le sue otto sequenze al destino dell'uomo, ma anche alla residua funzione dell'immagini, vilipesa in arte nelle mille varianti informali e astratte che tendono ad eclissarla. Ne riduce i contorni, ne omologa le sembianze, ne seziona le fattezze, spesso ne mutila gli arti, ma sempre ne intuisce la forza evocativa di Metafore capaci ancora di parlare per simboli.

I colori a volte accesi a volte attenuati, variano nel sinonimo dell'incarnato, sfiorandolo e assumendolo a secondo delle esigenze espressive. Il suo residuo di umanità, perentoriamente reclama la cittadinanza dinanzi al disfarsi della realtà e dei simboli, che non di rado esplodono in campiture gialle, terricce, blu notte, verdi smeraldo.

La composizione mai neutrale, pur nel livellamento delle immagini umane, scopre emblematiche soluzioni misteriose, che appartengono alla matrice visionaria dell'artista.

Gatto si esprime per simbologie, azzarda metafore ardite, ne connota i signi­ficati e poi se ne discosta, per non smarrirsi in pedagogismi e in didascalici ammiccamenti.

L'artista rivendica la libertà d'espressione, segnala e suggerisce riflessioni, non effettua proclami e lascia aperta la sua problematica al confronto e all'ampliamento della fruizione.

 

Giovanni AMODIO

 

Critico dArte